Data for Good: porre fine alla disparità dei dati che aumenta la disuguaglianza globale
Il Corno d’Africa sta vivendo una catastrofica mancanza d’acqua. Dopo cinque stagioni di siccità di fila, gli esperti prevedono che si avrà anche la sesta. Milioni di disperati in Etiopia, Kenya e Somalia hanno abbandonato le loro case in cerca di acqua e pascoli.
Questa crisi è una sfida enorme per le organizzazioni governative già molto provate. Dove dovrebbero essere impiegate risorse limitate? I dati climatici in tempo reale possono aiutare a prevedere le aree in cui le condizioni saranno più severe e le rotte migratorie più probabili.
Queste lacune sono ovunque. Le disparità dei dati sono alla base non solo delle sfide legate al clima, ma anche delle crisi che dobbiamo affrontare nel campo della sanità pubblica e della giustizia sociale. Le due rivoluzioni gemelle della tecnologia cloud e dell’intelligenza artificiale stanno producendo una quantità di dati e analisi senza precedenti. Dipendiamo sempre più dai dati e dobbiamo assicurarci che i dati rappresentino tutti. Le persone possono trarre vantaggio dall’innovazione data-driven solo se i data set che affrontano i loro problemi più urgenti sono accessibili e le includono.
Che cos’è la “data disparity”? Pensiamo alla sistematica sottorappresentazione delle donne negli studi clinici, alle disparità di accesso all’istruzione primaria e ai modelli climatici errati. Questi sono problemi reali con effetti reali che derivano dal modo in cui gestiamo le informazioni.
Risolvere le disparità in materia di dati è una delle grandi opportunità del nostro tempo.
Il Regno Unito registra 32.000 morti in eccesso ogni inverno. Di questi morti, 9700 sono attribuibili al fatto di vivere in una casa fredda – circa lo stesso numero di persone che muoiono di cancro al seno o alla prostata ogni anno – e 3200 sono persone che non possono permettersi carburante per scaldare la casa. L’insicurezza energetica non dovrebbe essere una questione di vita o di morte.
In un mondo ideale, governi e organizzazioni non governative potrebbero abbinare i propri dati meteo alle metriche di utilizzo dei fornitori di energia per prevedere quali case saranno più vulnerabili in inverno e offrire aiuti. L’accesso a tali dati e la loro distribuzione sono stati a lungo quasi impossibili, ma la situazione sta cambiando. EDF, che fornisce gas ed elettricità alle abitazioni in tutta la Gran Bretagna, ora utilizza il machine learning per identificare i clienti finanziariamente vulnerabili e intervenire per fornire assistenza nei momenti di necessità.
L’accesso iniquo ai dati aggrava le disuguaglianze globali. Ora ci affidiamo ai dati per sostenere le conversazioni socioeconomiche più urgenti e influenzare le politiche, ma dobbiamo fare uno sforzo congiunto, tra soggetti privati e pubblici, per rendere tali dati completi. Questo significa smantellare i silos informativi, colmare le lacune nella raccolta dei dati e condividere le conoscenze in modo sicuro.
Nonostante sforzi lodevoli, non siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo. A livello globale, siamo sulla buona strada per raggiungere solo il 15% degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite, che mirano a garantire “pace e prosperità alle persone e al pianeta”. Queste sono le rappresentazioni più importanti di ciò che dobbiamo fare per garantire una buona vita a tutti. Occorre fare di più.
L’OSS 17 punta alla creazione di partnership tra le organizzazioni per uno sviluppo più sostenibile. Questo obiettivo riconosce che nessuna azienda o organizzazione può risolvere i nostri problemi globali; abbiamo invece bisogno di un movimento globale.
Molto sarà fatto da aziende private. Abbiamo visto notevoli sforzi da parte di Meta, Google e altri con le loro iniziative “data for good” per fornire enormi data set da utilizzare in studi e ricerche. Una nuova campagna End Data Disparity, che riunisce leader nel campo dei dati come Snowflake e gruppi come l’Organizzazione internazionale per la migrazione delle Nazioni Unite, porta avanti questi sforzi incoraggiando le aziende a condividere le loro crescenti capacità tecnologiche con coloro che da sempre devono arrangiarsi con meno.
Probabilmente anche le maggiori organizzazioni no profit hanno solo un paio di persone nel loro team di data science. Ben diverso dalle centinaia di data scientist di una multinazionale equivalente. Non sempre le organizzazioni no profit e le ONG dispongono delle competenze o della capacità necessarie per colmare le lacune dei data set ed eseguire complessi calcoli a più fattori. Ma questo può cambiare.
Possiamo avvalerci dei recenti progressi nel campo dell’intelligenza artificiale e del machine learning classico per risolvere i maggiori problemi del mondo. Immaginiamo se fosse possibile decidere di volta in volta l’invio di medici e operatori sanitari in tempo reale sulla base di dati telefonici anonimizzati. Questo migliorerebbe l’accesso ai servizi e, in ultima analisi, salverebbe vite umane. Condividendo le conoscenze, ascoltando attentamente le persone sul campo e utilizzando la tecnologia, le organizzazioni possono lavorare per raggiungere gli obiettivi globali delle Nazioni Unite.
Mentre i leader mondiali si incontrano per discutere temi cruciali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, alla COP29 e al World Economic Summit di Davos, assicuriamoci che si parli anche di dati.
È ora di porre fine insieme alla disparità dei dati.